Con l’ordinanza n. 9359 dell’8 aprile 2021, la II° sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito quali caratteristiche debba assumere il possesso del coerede per consentire al medesimo l’usucapione del bene ereditario rimasto nel suo possesso.

Esclusa la necessità dell’interversione del titolo del possesso, al fine di invocare l’usucapione della quota degli altri eredi,  il coerede, che già possiede animo proprio e a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, non essendo sufficiente l’astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune.

Cosicché, ai sensi dell’art. 2697 c.c., spetta all’usucapiente dimostrare l’esercizio esclusivo, nel senso di esclusione del compossesso dei coeredi, del dominio sulla res comune.

Nel solco di siffatti crismi giuridici, la Corte conclude come il fatto che il coerede “che già abitava con il padre l’appartamento e quindi aveva le chiavi del medesimo, abbia continuato ad essere il solo ad averne la disponibilità non indica, di per sè, il possesso esclusivo dell’immobile”.

Da ultimo, l’ordinanza critica altresì il passaggio motivazionale della sentenza impugnata, in cui il giudice di merito inferiva la non operatività dell’art. 1144 c.c. (sulla mera tolleranza degli altri compossessori) dall’uso prolungato del bene da parte del singolo coerede.

Ed infatti, “in tema di usucapione, per stabilire se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto del possesso, la lunga durata dell’attività medesima può integrare un elemento presuntivo nel senso dell’esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di rapporti di mera amicizia o buon vicinato, giacchè nei secondi, di per sè labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo“.