L’addebito della separazione si verifica quando uno dei coniugi abbia violato gli obblighi coniugali di cui all’art. 143 c.c. e tale violazione abbia assunto una efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale.

Trattasi di un accertamento sulla responsabilità di uno dei coniugi il quale con un comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio abbia provocato l’irreversibile intollerabilità della ulteriore convivenza.

Diversamente, allorché il mancato rispetto degli obblighi coniugali avvenga in epoca successiva al sorgere dell’intollerabilità della convivenza e, quindi, difetti la prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio sia stato la causa del fallimento della convivenza, verrà pronunciata la separazione senza addebito.

L’importanza della pronuncia di addebito della separazione risiede nelle ripercussioni concrete che una pronuncia di tal genere comporta: da una parte, colui al quale è stata addebitata la separazione perde il diritto all’assegno di mantenimento ai sensi dell’art. 156 c.c., ma non quello agli alimenti, i cui presupposti, in ogni caso, sono piuttosto stringenti; dall’altra, a norma dell’art. 548 c.c., il coniuge cui è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato perde i diritti successori e ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.

Donde, ben si comprende il motivo per cui vi sia un amplissimo repertorio giurisprudenziale in materia.

Con ordinanza n. 12241 del 23 giugno 2020, la sezione Vi della Cassazione civile ha precisato che “il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza”.

E per vero, l’allontanamento immotivato dalla residenza familiare, ove attuato senza il consenso dell’altro coniuge, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e si mostra ex se idoneo a cagionare la crisi coniugale, stante l’unilaterale e ingiustificata interruzione della convivenza e la conseguente disgregazione del nucleo familiare.

L’unica via per il coniuge che ha posto in essere l’abbandono per evitare l’addebito è quella di provare che il suo contegno sia stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge ovvero che l’abbandono sia stato conseguenza della pregressa intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

In tali casi, l’allontanamento dalla casa familiare costituisce un effetto e non la causa della frattura del vincolo.