L’art. 283 c.p.c. riconosce al giudice della fase di appello, previa istanza di parte, il potere di sospendere “in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione”, laddove risultino “gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti”.

Con ordinanza del 21 gennaio 2021, la IV° sezione della Corte di Appello di Roma detta importanti regole sull’inibitoria in appello, soprattutto in ordine al periculum in mora.

In primo luogo, l’ordinanza ricorda come i presupposti per concedere la sospensiva della sentenza gravata siano il fumus boni iuris (ossia, la prognosi favorevole all’appellante dell’esito del giudizio di appello) e il periculum in mora (ossia il pericolo di un grave pregiudizio derivante al soccombente dall’esecuzione della sentenza impugnata).

Implicitamente, dunque, la Corte sposa l’orientamento pressocché maggioritario secondo cui tali requisiti debbano sussistere in via necessariamente cumulativa e, quindi, il periculum debba affiancare quello del fumus, in simbiosi con la locuzione “gravi e fondati motivi” dell’art. 283 c.p.c.; donde, accanto ad una prognosi di fondatezza del gravame, si richiede altresì una valutazione di gravità delle conseguenze dell’esecuzione della sentenza.

Il punto certamente più interessante è quello in cui la Corte esclude che il periculum possa sostanziarsi nella mera allegazione di “un pregiudizio gravissimo che deriverebbe dall’esecuzione delle sentenza e, dunque, un pregiudizio che si esaurisce nella mera fisiologica produzione degli effetti propri dell’esecuzione”.

Ed infatti, atteso che nella struttura dell’art. 283 c.p.c. è insista una precisa scelta di campo del legislatore in tema di favor dell’immediata esecutività della sentenza di primo grado, è gioco forza ritenere come – per derogare alla regola generale – occorra l’allegazione e la prova di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, idonee a integrare delle conseguenze patologiche e ingiustificate della decisione in prime cure della lite rispetto alla semplice esecuzione del provvedimento appellato.