A norma dell’art. 519 c.c., “la rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni”.

In merito a tale disposizione, la sentenza n. 1552 del 18 febbraio 2020 emessa dalla sezione X° del Tribunale Milano chiarisce che “costituiscono condizioni per la validità e l’efficacia di fronte ai terzi della rinuncia all’eredità la sua forma solenne e la sua iscrizione nel registro delle successioni, mentre non è richiesto dalla detta norma il successivo compimento dell’inventario”.

Né, a conclusioni differenti, può condurre il disposto dell’art. 485 c.c., secondo cui il chiamato all’eredità che si trovi a qualsiasi titolo nel possesso dei beni ereditari è onerato di redigere l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione, a pena di essere “considerato erede puro e semplice“.

E per vero, tale meccanismo “trova applicazione solo nel caso in cui il chiamato all’eredità nel possesso dei beni, oltre a non aver redatto l’inventario, non abbia nemmeno rinunciato all’eredità; al contrario, la rinuncia (dichiarata prima della scadenza del termine di tre mesi dall’apertura della successione), impedisce l’applicazione dell’art. 485, secondo comma”.

In altri termini, la rinuncia all’eredità, quale espressa dichiarazione di volontà contraria all’accettazione presunta dell’eredità per omessa redazione dell’inventario, arresta il perfezionamento del meccanismo legale di acquisto dell’eredità tratteggiato dall’art. 485 c.c..

Peraltro, rileva il Tribunale milanese, laddove si ritenesse di vincolare l’efficacia della rinuncia all’eredità alla formazione dell’inventario, si renderebbe la stessa un negozio giuridico potenzialmente condizionato, in spregio all’art. 520 c.c..

Difatti, atteso che la rinuncia potrebbe avvenire anche prima del compimento dei tre mesi ex art. 485 c.c. mentre la redazione dell’inventario potrebbe sopravvenire dopo la rinuncia purché entro i tre mesi, “nella pendenza del termine, il chiamato all’eredità che ha già rinunciato si troverebbe in una posizione di incertezza, perché ove poi non compisse l’onere di redazione dell’inventario, acquisterebbe comunque lo status di erede, per effetto dell’art. 485, secondo comma”.

In conclusione, una volta compiuta con il rispetto delle formalità previste dall’art. 519, la rinuncia è valida ed efficace, eccettuato il disposto dell’art. 527 c.c., volto a sanzionare con l’inefficacia del negozio abdicativo il chiamato che, nonostante la rinunzia, abbia sottratto od occultato beni spettanti all’eredità.