La sentenza n. 11062 del 28 luglio 2020 della X° sezione del Tribunale di Roma fornisce all’operatore del diritto dei precisi crismi ermeneutici per distinguere la delegazione dall’espromissione.

In linea generale, gli istituti negoziali citati, insieme all’accollo, sono le principali fattispecie tramite cui si attua l’intervento di un nuovo debitore nel rapporto obbligatorio, ove, in sostanza, un terzo diviene obbligato verso il creditore in sostituzione o in concorrenza con il debitore originario.

La delegazione è l’incarico conferito dal debitore originario, detto anche delegante, a un terzo, detto anche delegato, di pagare (delegazione di pagamento o delegatio solvendi) o di obbligarsi a pagare (delegazione promissoria o delegatio promittendi) al creditore, detto anche delegatario.

Nell’espromissione, invece, il terzo (espromittente) assume nei confronti del creditore (espromissario) l’obbligazione del debitore (espromesso) senza delega di quest’ultimo.

Ebbene, la distinzione tra le due figure è data dall’esteriorizzazione della delega e non dalla sua materiale esistenza, di talché, se al momento dell’assunzione del debito altrui il terzo non manifesti la sua qualità di incaricato del debitore, si avrà espromissione, e non delegazione, pur se il terzo abbia agito in virtù di una delega “non esternata”.

In tal senso, la sentenza menzionata asserisce che “l’espromissione si distingue dalla delegazione in quanto il terzo, nell’assumere l’obbligo verso il creditore, non si presenta quale delegato del debitore originario. Ciò non significa che non vi possano essere, nell’espromissione, intese tra il debitore originario e l’espromittente o anche una eventuale delega del primo al secondo, ma semplicemente che l’accordo di espromissione non vi deve fare riferimento”.

L’orientamento del Tribunale di Roma è conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità sull’inquadramento dell’espromissione: “il contratto fra il creditore ed il terzo che assume spontaneamente il debito altrui, nel quale non vengono in considerazione i rapporti interni fra obbligato ed espromittente, né sono giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l’intervento del terzo, mentre la causa è costituita dall’assunzione del debito altrui tramite un’attività del tutto svincolata dai rapporti eventualmente esistenti fra terzo e obbligato, anche se non si richiede l’assoluta estraneità dell’obbligato rispetto al terzo, essendo necessario, invece, che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il proprio intervento con un preesistente accordo con l’obbligato” (Cass. civ., n. 16747/2020).