Con la sentenza n. 6080 del 4 marzo 2020, la II° sezione civile della Corte di Cassazione si è occupata della configurabilità giuridica di un contratto preliminare di donazione, ossia della possibilità che le parti assumano l’obbligo giuridico di concludere un futuro contratto di donazione.

Elemento costitutivo ed essenziale della donazione è lo spirito di liberalità, il c.d. animus donandi, che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario, il quale si sostanzia nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale.

Orbene, la Corte ha individuato un’endemica inconciliabilità tra lo spirito di liberalità e l’assetto strutturale del contratto preliminare, giacché “la presenza di un futuro obbligo negoziale a contrarre comporta, in capo al donante, l’obbligo di manifestare in un successivo definitivo atto la propria determinazione alla liberalità che, viceversa, nel contratto di donazione è frutto di una volontà spontaneamente ed istantaneamente manifestata”.

Per l’effetto, un accordo preliminare di donazione sarebbe insanabilmente nullo per difetto di causa: la coazione all’adempimento, cui il promittente sarebbe soggetto, contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale, invece, deve sussistere al momento del contratto.

In conclusione, la donazione è actus legitimus che non ammette preliminare e l’eventuale una promessa di donazione non è giuridicamente produttiva di obbligo a contrarre.