Con sentenza n. 14832/2022 dell’11 ottobre 2022, il Tribunale di Roma, sez. specializzata imprese, ha condannato in solido cinque dei maggiori istituti di credito italiani al pagamento della somma di € 57.129.879,00 in favore del Fallimento Privilege Yard S.p.A., assistito dall’avvocato Gianfranco Torino.

Nel dettaglio, il Tribunale capitolino ha accertato la responsabilità degli istituti di credito convenuti per concorso ex art. 2055 c.c. nella mala gestio degli amministratori, condannandoli al pagamento della suddetta somma a titolo di risarcimento del danno cagionato al patrimonio della società, somma quantificata in applicazione del criterio dei netti patrimoniali.

La pronuncia del Tribunale di Roma è molto importante in quanto si innesta nella dibattuta tematica – ormai parzialmente sopita in base ai recentissimi arresti della Corte di Cassazione – della legittimazione attiva del curatore fallimentare nei confronti delle banche che hanno concesso il finanziamento alla società in bonis.

Ebbene, siffatta legittimazione sussiste allorché si deduce – come nel caso in esame – una responsabilità concorrente degli istituti di credito con l’organo gestorio, così rientrandosi nel novero delle azioni di massa esperibili dal curatore.

In questo caso, rileva la sentenza, da un lato, ricorre una ipotesi di litisconsorzio meramente facoltativo tra la posizione degli amministratori della società e quella degli istituti di credito e, dall’altro, essendosi invocata una responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., trova applicazione l’art. 1310 c.c., talché la precedente notifica di un atto di citazione nei confronti degli amministratori avrebbe l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione altresì nei confronti delle banche.

Quanto al titolo soggettivo di responsabilità di queste ultime, il Tribunale di Roma ha ritenuto sufficiente la sussistenza della colpa, precisando che la condotta delle banche “è valutabile in ragione del grado di diligenza qualificata, rappresentato dalla formula della sana e prudente gestione del credito ex art. 5 T.U.B.”.

Il compendio istruttorio di causa ha comprovato quanto dedotto nell’atto di citazione, secondo cui l’illegittima concessione del finanziamento da parte delle banche avrebbe consentito agli amministratori di ottenere finanziamenti plurimilionari e di proseguire l’attività nonostante la perdita del capitale sociale, così provocando un aggravamento del dissesto e l’ampliamento del passivo della Privilege Yard.

Difatti, la sentenza ha accertato che “è incontestabile che le condotte poste in essere – che hanno ritardato l’emersione della crisi ed aggravato le conseguenze della stessa – siano state connotate da grave e reiterata violazione delle regole di sana e corretta gestione bancaria”.

Ulteriore profilo di interesse riguarda l’imputazione – ex artt. 1228 e 2049 c.c. – alle banche mandanti componenti il pool della condotta della banca capo-fila.

In conclusione, l’erogazione del credito che sia qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria e al di fuori dei crismi della sana e prudente gestione del credito ex art. 5 T.U.B. integra un illecito del soggetto finanziatore che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa, risarcimento che può essere invocato dalla società stessa, se in bonis, ovvero anche dal curatore fallimentare.